di Gianvittorio Randaccio
Dopo la vicenda Thereau, un altro caso bizzarro e stravagante scuote il mondo glitterato della serie A italiana. Da fonti attendibili pare infatti che il neo presidente a stelle e strisce della Fiorentina, Rocco Commisso, altri non sia che Giovanni Comisso, scrittore di razza e uomo affamato di vita ed esperienze, per il quale bisognava «amare i nostri vizi come le virtù, come ci consiglia Nietzsche. Muoversi. Vivere. Distruggere. Creare. Come scopo. Non per un ideale, ma per esser ciò l’ideale».
Per molti, andando al di là della mera questione anagrafica, i due hanno così tanto in comune che è naturale pensare che siano la stessa persona con due nomi solo leggermente diversi. I due Com(m)isso si muovono sul palcoscenico della vita con la stessa brama e lo stesso desiderio, senza preoccuparsi di perbenismo e apparenze, creandosi da soli opportunità e avventure, vivendo sempre al massimo. Comisso ha combattuto nella Grande Guerra, ha partecipato all’impresa di Fiume, ha fatto grandi viaggi, scritto grandi libri; Commisso ha vissuto l’emigrazione, si è fatto uomo (e imprenditore televisivo) nella New York degli anni Settanta, giocando a calcio e diventando proprietario dei New York Cosmos, ancor prima della Fiorentina.
«Frequentavo loschi balli notturni e bische e sempre col mio passo sicuro me ne uscivo a notte inoltrata senza neanche pensare di rasentare il minimo pericolo. Non credo fosse coraggio, ma un’incoscienza datami dall’accanita volontà di vedere» ha detto Giovanni Comisso; ma la stessa cosa avrebbe potuto dirla Rocco Commisso, che ha dato il via a New York alla stagione delle discoteche italo-americane, per poi lanciarsi senza paracadute nell’avventura delle televisioni, passando in breve tempo dai debiti ai lauti guadagni che il settore garantisce, pur tra molti alti e bassi.
Sembrano avere la stessa indole, i due, la stessa voglia di rischiare, di gettare il cuore oltre l’ostacolo, senza preoccuparsi delle conseguenze. E così anche le ultime uscite di Commisso contro gli arbitri e la Juve sono solo l’ennesimo indizio di personalità (e nomi) molto simili che affrontano l’arte, il business, il calcio, la vita a viso aperto, per «non avere padroni, né servitori, non avere l’incubo delle ore, non avere alcuna preoccupazione di denaro e lasciare che la mente e i sensi vivano tra il sogno e l’azione».
E allora non pare troppo ardito pensare che tra l’impresa di Fiume e le vittorie della Fiorentina c’è sì solo una “m” di differenza, ma la stessa voglia di combattere noia e immobilismo, adesso come cent’anni fa.