Il Festival di Sanremo, trenta canzoni e un’inutile serata
di Gino Cervi
Buongiorno signor Ibrahimovic, ha visto che casino ha sollevato la sua partecipazione al Festival?
Voglio una vita maleducata, di quelle vite fatte… fatte così. Voglio una vita che se frega, che se ne frega di tutto, sì.
Certo, lo immaginavo. Ma non le sembra poco opportuno stare lontano dai suoi compagni di squadra in un momento così delicato della stagione?
Che colpa ne ho se il cuore è uno zingaro e va?
Zingaro l’ha detto lei, ci tengo a precisarlo. Non vorrei mai che la UEFA aprisse un’indagine. Torno a chiederle: l’altra sera nella partita contro la Roma si è infortunato, e pare anche seriamente. Non sarebbe stato meglio curarsi a Milanello così da rimettersi al più presto in forma per il prosieguo della stagione?
Ti sbagli amico: questo Festival mi aiuterà a sconfiggere i dolori che verranno, perché saranno anche più grandi degli amori che mi avranno.

La vedo predisposto al sentimentalismo. Del resto siamo a Sanremo, mica ad Heidelberg. Ora però, se me lo consente, le farei qualche domanda sulla sua storia personale. Lei che è nato ai bordi di periferia, mi sembra che nella vita, invece di sognare abbia sempre preferito guardare in faccia alla realtà.
Amico, apri bene le orecchie: perché i pugni presi io, a tutti quanti, li ho sempre resi. E stai tranquillo che a loro han fatto male ancor di più. Tienilo bene a mente: io sono un uomo che non si è mai sentito finito, che non ha mai perduto. Mai.
Ma lo sport dovrebbe averle insegnato che bisogna saper perdere, non sempre si può vincere.
Perdere l’amore, quando si fa sera quando sopra il viso c’è una ruga che non c’era. Provi a ragionare, fai l’indifferente fino a che ti accorgi che non sei servito a niente.
Mi sa che l’ho colta nel vivo… Allora forse hanno ragione quelli che sostengono che lei, ormai, non ha l’età.
Vecchio, diranno che son vecchio, con tutta quella forza che c’è in me. Vecchio… Quando non è finita, ho ancora tanta vita e l’anima la grida e tu lo sai che c’’è?